#2 L’orologio a sabbia

Fabio Furlan
 

Le idee arrivano nei modi più impensati, basta tenere gli occhi aperti e in moto l’immaginazione: così stendere il tappetino non resta solo stendere il tappetino, ma diviene altro

Come scostare una tenda e vedere, o immaginare, cosa c’è dietro

Era comparso così, un giorno qualsiasi, all’improvviso

Vestito in maniera semplice ma decorosa, una giacca leggermente consumata, delle scarpe che dovevano essere state di buona qualità, ma anche queste rovinate dall’uso e dal tempo

Lo sguardo dolce, gli occhi profondi, il viso non più giovane, segnato

Si metteva sempre sulla stessa panchina del parco, leggermente defilato, riparato ed in parte nascosto dagli alberi

Si metteva sulla panchina e dalla borsa tirava fuori un orologio a sabbia

Come due barattoli di caffè uno sopra l’altro, con il caratteristico imbuto che li collega al centro

Cominciava la mattina, si sedeva, la girava, e se ne stava a guardare i granelli di sabbia che lentamente scendevano

Una volta terminata la discesa, la girava sottosopra e ricominciava

Da quando era comparso, lo vedevo sempre, ogni volta che per tornare a casa dovevo attraversare il parco, sempre sulla stessa panchina e sempre ad osservare la sabbia che scendeva

Da un barattolo all’altro

Lo vedevo la mattina, il pomeriggio e la sera, sino all’imbrunire

Ma non l’avevo mai visto né arrivare né tantomeno andare

La sabbia ci metteva circa mezz’ora per passare da una parte all’altra dell’orologio

E lui sempre lì, fermo, concentrato, con un mezzo sorriso sulle labbra e gli occhi che si facevano sempre più profondi, le rughe più marcate per l’attenzione

Sembrava un mezzo matto, ma i mezzi matti ci incuriosiscono, si sa

O almeno incuriosiscono me

Ad un certo punto mi avvicinai, non resistevo più

  • Mi scusi?

Alzò leggermente gli occhi per incontrare i miei

  • Si?
  • Mi scusi ancora, ma che interesse prova nell’osservare la sabbia che scende da una parte all’altra della clessidra?

Sollevò le sopracciglia, come se fosse evidente che osservare la sabbia che scende è la cosa più naturale del mondo

Poi disse, semplicemente

  • Aspetto

A questo punto dovetti sollevare io le sopracciglia, e abbondantemente, perché continuò con aria pacifica, quasi serena

  • Aspetto che i granelli di sabbia passino da una parte all’altra

Aspetto che sia l’ora ad osservare i granelli di sabbia

Aspetto che sia l’ora di tornare a casa

Aspetto di addormentarmi e aspetto di svegliarmi, aspetto di uscire

Aspetto di vivere e aspetto che giunga l’ora di morire

Quel tizio mi aveva lasciato di stucco, e una certa rabbia mi montava dentro

  • Ma che dice! Come si fa a passare la vita in questa maniera! Senza uno

scopo, seduto su di una panchina a guardare una clessidra?

E aspettare cosa poi…aspettare di aspettare ancora?

Lei non è così vecchio, si dia da fare, trovi qualcosa, qualcuno

Cristo Santo si inventi qualcosa, faccia qualcosa di utile

Mentre parlavo, montava dentro di me un certo risentimento, una stizza, e

pensai fosse meglio finirla lì, così mi girai e mi incamminai per allontanarmi

Non pensai più a quell’uomo per un certo periodo, non mi capitò più di passare per il parco

Sino ad una mattina di qualche tempo dopo

Era seduto sulla sua panchina, al solito, col suo orologio a sabbia in mano, mezzo sorriso accennato e lo sguardo concentrato

Mi avvicinai

  • Buongiorno, cosa si è messo ad aspettare oggi?

Chiesi, con l’aria di quello che la sa lunga

Ancora una volta sollevò gli occhi

Profondi

  • Aspetto l’Uccello della Pioggia, aspetto un re di fuoco e il suo cavallo Aspetto il Gallo Celeste

Aspetto l’animale sognato da me e da te stanotte, non ci crederai ma era proprio lo stesso

Aspetto l’asino a tre zampe, sa? quello che si dice sia in mezzo all’oceano

Aspetto l’ambra e aspetto i Demoni di Swedenborg…anche se quelli credo proprio che non i piacciono nemmeno un po’

Nei giorni successivi, qualcosa avvenne

Stendevo il tappetino e mi mettevo a praticare, sapendo che ciò che facevo era giusto, andava lungo il cammino che avevo idealmente tracciato…

però io, voi, noi tutti siamo simili a lampadine

Quando qualcosa accade, si produce una luce che ha un effetto sull’ambiente circostante

E se stendere il tappetino non fosse solo stendere il tappetino, ma ci immaginassimo lo stesso gesto come per scostare una tenda e vedere, o immaginare, cosa c’è dietro?

Forse è proprio così: è una sensazione gradevole, riesci a percepire attraverso quella luce uno spazio diverso

Quella luce, che viene dall’esterno apparentemente, vive una sua vita irradiandosi dove trova un luogo, anche piccolo ed angusto

È una sensazione gradevole

SI vedono le cose, le nostre cose, con una luce differente, e le capisci appena un po’ di più

Con il vecchio al parco non mi ero dato la possibilità di sentire altro che la sua strampaleria, infastidito perché diversa dalla mia

Non avevo spostato il tappetino

Così tornai, ed era ancora lì, a guardare il suo orologio a sabbia, con lo sguardo dolce e gli occhi segnati

Ma una luce c’era, ed era serena

Meditava, forse, a modo suo

Di fronte al suo orologio a sabbia con le idee e i pensieri che scorrevano incessantemente dall’alto al basso, e poi ancora dall’alto al basso, senza sosta

Ho lasciato che parte di quella tranquillità mi arrivasse, era lì, a portata di mano

Non ho detto una parola e me ne sono rimasto lì con lui, non ho idea per quanti giri di clessidra